La nostra immagine non è fatta solo di estetica, ma anche di atteggiamento e comportamento. Come ci relazioniamo con gli altri “fa immagine” e comunica il nostro stile, nel suo senso più ampio. Ho riflettuto sulle cose che fanno la differenza nelle relazioni e ci aiutano a fare una prima ottima impressione.

Presentarsi

Quanto siamo concentrati sui noi stessi e per nulla sugli altri quando ci presentiamo? Proviamo a pensarci. Si ha sempre fretta di dire chi siamo e cosa facciamo, cosa ci piace, dettagli della nostra vita che magari non interessano per nulla. L’istinto di parlare per prima è fortissimo. Ma non dobbiamo dimenticare che il modo in cui facciamo sentire una persona quando parla con noi, determina il modo in cui quella persona ci percepisce. Il “focus emotivo” sul nostro interlocutore al momento della presentazione, più che su noi stessi, è una forma di generosità sociale. Riuscire a mantenere il focus sugli altri determina la loro prima impressione nei nostri confronti. Controlliamo il 50% di una conversazione, ma ricordiamoci che la possiamo influenzare al 100%!

 

 

Mettere a proprio agio

In una conversazione è importante capire se stiamo mettendo a proprio agio il nostro interlocutore o meno, perché difficilmente faremo una prima buona impressione se mettiamo a disagio qualcuno. Esiste un modo per capirlo: osservarne il corpo. Quando mettiamo a disagio una persona è facile che inconsciamente faccia quelli che si chiamano “gesti pacificatori” per ritrovare la calma. Giocherellare con gli accessori che indossa, toccarsi il collo, strofinare mento, fronte, e lobi delle orecchie, tamburellare con le dita, toccarsi i capelli, incrociare gambe e braccia, inclinare la testa ripetutamente, sono segnali che stiamo mettendo a disagio quella persona, e forse dovremmo cambiare registro comunicativo.

Ricordare il nome

Il proprio nome è speciale per ognuno di noi. Quando riusciamo a memorizzare quello della persona con cui stiamo parlando o a cui stiamo scrivendo, e lo nominiamo nella conversazione (senza esagerare!), viene percepito positivamente dal nostro interlocutore. Se non lo ricordiamo vale la pena richiederlo! Provate a pensare la sensazione che avete quando una persona sbaglia ripetutamente il vostro nome o non vi chiama mai per nome perché evidentemente non lo ricorda, non siete forse delusi e dispiaciuti? Non avete forse la sensazione che a quella persona non importi più di tanto ricordare voi e il vostro nome?

 

Scrivere (bene!)

Sms, post sui social media, biglietti di auguri o ringraziamenti, messaggi di qualsiasi genere. Come scriviamo e le parole che scegliamo comunicano il nostro stile. Abbreviazioni, frasi senza alcuna punteggiatura, errori di ortografia, ci fanno apparire noncuranti. L’attenzione di chi legge però cade proprio sull’errore. Anche l’impiego selvaggio di neologismi è stucchevole.

 

Ringraziare e dare feedback

E’ un gesto molto sottovalutato quello del dire grazie. Ringraziare con cura, con un messaggio personalizzato e personale, dare attenzione a chi ci ha fatto un favore o ci ha aiutato, cercando anche di ricambiare, è segno di attenzione verso gli altri, e ci fa apparire come persone affidabili, gentili e piacevoli. Così come ci fa percepire maleducati e noncuranti il non dare un feedback ad una persona che abbiamo interpellato per qualcosa, soprattutto in ambito business. C’è una frase su cui baso il mio modo di condurre il mio lavoro e le relazioni, che dice “il mercato è gentiluomo”. Ognuno tragga le sue conclusioni!

 

Non dare consigli non richiesti

Non lo trovate fastidioso ricevere consigli non richiesti? Ricevere un consiglio non richiesto è come una sorta di aggressione. Nessuno vuole sentirsi dire cosa fare, e quando abbiamo bisogno di un consiglio vogliamo scegliere la persona da cui riceverlo e il momento in cui ci serve riceverlo, perché non è detto che ci interessino le opinioni di qualsiasi persona, in qualsiasi momento e per qualsiasi argomento.

 

Applicare la netiquette

Se parliamo di social media voler solo ricevere (likes, commenti, condivisioni) e non ricambiare mai, non funziona. I social media servono per interagire, scambiare, e condividere. Quando avviene in un solo senso prima o poi la relazione si spezza, e viene interrotta da chi si sente invisibile ai vostri occhi (tutti noi odiamo essere ignorati!). Le relazioni on-line hanno la stessa potenza di quelle off-line, e tutto ciò che vale nei rapporti di amicizia e lavoro con le persone con cui siete in contatto, vale anche nella comunicazione on-line che vi lega.

 

Secondo le psicologhe Ann Demarais e Valerie White, autrici del libro “First Impressions. What you don’t know about how others see you“, lasciamo una prima buona impressione e abbiamo successo nelle relazioni quando impieghiamo quelli che loro chiamano i “4 universal social gifts”:

1) Apprezzamento: riconoscere qualcosa di buono che possiede/fa il nostro interlocutore;
2) Connessione: individuare delle cose che si hanno in comune per stabilire subito un buon feeling;
3) Elevazione: mettere a proprio agio il proprio interlocutore facendolo sorridere e divertire;
4) Illuminazione: interessare e ispirare il proprio interlocutore.

Ricerche psicologiche hanno dimostrato che basiamo le nostre percezioni riguardo gli altri sulle prime informazioni che riceviamo, molto più delle informazioni che otteniamo quando abbiamo approfondito la conoscenza. Il perché è molto semplice, la prima impressione si imprime nella mente in modo indelebile e fa da filtro per qualsiasi informazione successiva. La prima impressione è percepita come più “vera” rispetto alle successive, e una volta formatasi, nessuno vuole tornare sui propri passi e cambiare idea/opinione, perché significa ammettere di essersi sbagliati.
La prima impressione si forma grazie all’aspetto fisico e la cura della propria immagine, ma atteggiamento e comportamento, sono responsabili al 50%, nel far si che questa impressione che lasciamo sia buona, e anche nella comunicazione del nostro stile personale.

E voi, vi siete mai interrogati su che impressione lasciate quando vi presentate a qualcuno? Spero di avervi dato qualche spunto di riflessione!